Geisha, emblema del Giappone

febbraio 28th, 2015 by admin

jgeishaNell’immaginario collettivo occidentale, la figura della geisha viene associata a una cortigiana d’alto borgo. Per quelli che ancora la pensano così, è il momento di abbattere questo stereotipo!
Innanzitutto partiamo dal nome: geisha vuol dire “persona d’arte”, difatti, è una donna esperta nell’intrattenere i clienti durante pasti, banchetti o altre occasioni non con il sesso, bensì con varie arti tradizionali e con l’abilità nel conversare.
La loro arte è frutto di un duro periodo di addestramento nelle okiya (casa della geisha) che pagano a peso d’oro e dove, oltre ad apprendere le discipline del canto, della danza, dello shamisen (liuto giapponese a tre corde) e della cerimonia del tè, devono sottostare a regole morali ed estetiche molto severe, dall’abbigliamento, al trucco, allo stile di vita.
In passato, le ragazze iniziavano da bambine l’arte di essere geisha, oggi iniziano quando sono adolescenti o addirittura dopo l’università; comuque, delle tante apprendiste (chiamate maiko), in poche riescono a diventarlo veramente.

Ma perchè è stata fraintesa la professione della geisha?
Quando alla fine dell’Ottocento il Giappone si aprì all’Occidente, fin da subito la sua cultura venne travisata, in particolare la figura della geisha, tant’è vero che lo stesso Van Gogh nel 1887 dipinse “La cortigiana”, il ritratto di una donna nei tipici costumi nipponici.
Bisogna dire però che Van Gogh e altri artisti suoi contemporanei erano stati influenzati dalle ukiyo-e stampe su blocchi di legno molto popolari allora in Giappone e che raffiguravano scene dei quartieri dei divertimenti.
L’immagine erronea della Geisha andò diffondendosi ancor di più con lo sbarco dei soldati americani sulle coste giapponesi e con un filone cinematografico statunitense dell’immediato dopoguerra in cui la Geisha appariva come una donna sensuale e dalle doti lussuriose.
Niente di più lontano dalla realtà!
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Bentō: l’arte di decorare il cibo

febbraio 24th, 2012 by admin

A chi non è capitato di vedere, in qualche cartone animato o film giapponese, donne che preparano il pranzo a mariti, fidanzati o figli inpacchettandolo in una scatola?
Si tratta del bentō (弁当), un’usanza comune che si può definire un’arte in cui la creatività sta nel decorare un pasto da asporto.

Il bentō è una sorta di vassoio contenitore con coperchio di varie forme e materiali come plastica o polistirolo usa e getta, legno laccato o metallo. Sono molto diffusi anche i bentō fatti in casa avvolti in stoffa furoshiki, che funge sia da borsa che da sottopiatto.

Il cibo in esso contenuto è riso bianco, pesce o carne e verdure in salamoia o cotte, che rappresentano un pasto completo per una singola persona.

La scatola da bentō è dotata di divisori interni per separare cibi differenti, e viene avvolta in un pezzo di carta, di tessuto o in borse speciali insieme alle bacchette.
Il “must” è creare un pacchettino esteticamente gradevole, combinando il colore dei cibi e la maniera di porli, coordinando bentō, bastoncini, cibo, tovaglietta e tutto il resto.

Le mamme si cimentano in confezioni elaborate e fantasiose per i bambini, in modo da rendere più appetitoso e accattivante il loro pasto. Così preparano i “kyaraben”(abbreviazione di “character” e “bento”), ovvero decorano il cibo creando forme di cartoni animati (anime), fumetti (manga) o videogiochi.

Inoltre, c’è lo stile decorativo oekakiben, o bentō-ritratto, che consiste nel ritrarre persone, animali, edifici, monumenti, fiori e piante.
In Giappone si organizzano perfino gare tra realizzatori di bentō, per competere per la realizzazione esteticamente più piacevole.

I bentō sono venduti ovunque in Giappone: dai ristoranti ai supermercati, dalle stazioni ferroviarie ai venditori ambulanti.

Ikebana: l’arte di disporre i fiori

maggio 5th, 2009 by admin

L’ikebana  (生け花) che significa letteralmente “fiori viventi” è l’arte giapponese di disporre i fiori.
Nato in Cina e in India, l’ikebana fu introdotto in Giappone nel VI secolo d.C., in concomitanza con il Buddhismo e inizialmente fu legato all’usanza di fare offerte floreali alle divinità. Originariamente era un’arte praticata esclusivamente dai ceti più elevati quali nobili e monaci, e denominata Kadō cioè “via dei fiori”, poi divenne popolare e assunse il nome di Ikebana.
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