estetica haikuLeggendo un componimento haiku ci ritroviamo, molto spesso, di fronte a sentimenti e stati d’animo caratteristici i quali possono anche convergere, sovrapporsi e condensarsi nello stesso haiku. Tali moti interiori,che risuonano vibrando quasi alla stessa frequenza tra lo haijin (lo scrittore di haiku) e il lettore, costituiscono un aspetto di particolare importanza nella poetica haiku e vanno a definire quello che è conosciuto come l’estetica dello haiku.
Siamo ben lontani,dunque, dalla concezione dello haiku come la semplicistica e immediata descrizione di una scena ma, a ben vedere, c’è molto di più.
L’estetica dello haiku: il fūryū 風流 (Letteralmente: carezza del vento)
E’ di fondamentale importanza attenersi alla via del fūryū per riuscire a cogliere l’essenza profonda dello haiku.
Il fūryū rappresenta quel “cammino” di ricerca, al contempo poetica ed esistenziale, che procede per successivi gradi di affinamento, gradi che la tradizione ha identificato nel rizoku 俚俗 (“distacco”, “romitaggio”), nel tanbi 耽美 (“immersione estetica”) e nello shizen 自然 (“natura”).

Il rizoku 俚俗 rappresenta l’allontanamento dell’individuo-poeta (il fūryūjin 風流人) da tutto ciò che è mondano, superficiale e “vacuo”. Il questa fase, lo haijin 俳人 opera una più intima conoscenza di sé.
Il tanbi 耽美 è, invece, il successivo sviluppo del senso estetico da parte del poeta, conseguibile solo attraverso una sua totale fusione con la realtà circostante ed una sua attenta e sincera osservazione.
Nello shizen 自然 abbiamo l’armoniosa riscoperta del sé come presupposto dell’illuminazione (satori).

Un buon haiku ,dunque, dev’essere lo specchio del cammino intrapreso dallo haijin attraverso le tre “fasi” (rizoku 俚俗, tanbi 耽美, shizen 自然) che sorreggono l’esperienza del fūryū 風流.

Come espresso nel libro di Kiko Shuzo “Sul vento che scorre- Per una filosofia dello haiku” i corollari estetici principali del furyu vanno a formare tre coppie estetiche, per un totale di sei valori estetici fondamentali, sei elementi quindi che si collocano in coppie in contrapposizione tra loro:
– il sabi 寂び, cioè la bellezza solitaria che trova espressione in un linguaggio semplice ed immediato, contrapposto allo hanayaka 華やか (la bellezza viva e appariscente delle cose mondane);

– lo hosomi 細身, ovvero quella “sottigliezza” contemplativa indispensabile per cogliere l’essenza veridica della realtà, diametralmente opposta alla grossolanità o futoi 太い degli atteggiamenti comuni;

– l’ogosoka 厳か o “solennità” dell’esperienza sensibile, in antitesi a quel senso del ridicolo okashii おかしい che spesso sfocia nel dissacrante o nel grottesco.
Questi sei elementi vanno a formare i vertici di un ideale ottaedro.

Da questi sei valori estetici fondamentali derivano altri corollari estetici secondari, ovvero sottocategorie, ulteriori declinazioni estetiche fra le quali ricordiamo:
 – wabi 侘び (“solitudine”), modello estetico basato su uno stile sobrio e frugale. Esso esprime, inoltre, una bellezza calma e austera, da assaporare nella quiete solitaria;

shiori しをり (“delicatezza”), il fascino che dai versi s’irradia verso il lettore, andando oltre la mera parola scritta, avvolgendo ogni cosa in un vago e indistinto alone di compassione ed “empatia”;

makoto 誠 (“verità”), l’indice della pienezza poetica e spirituale dello haijin che, calato nella natura, diviene un tutt’uno con essa;

yūgen 幽玄 (“profondità e mistero”), la bellezza vivida, sottile e profonda di ciò che, indistinto, procede oltre la comprensione mentale;

karumi 軽み (“leggerezza”), la bellezza poetica riflessa nella sua semplicità, libera da preconcetti;

mono no aware 物の哀れ o, più semplicemente, aware 哀れ (“misero”, “compassionevole”), ossia la capacità di lasciarsi “attraversare” dalle cose del mondo.

Di seguito alcuni esempi tratti dal libro “In ogni Uomo un haiku” di Antonio Sacco poeta e haijin italiano:

Falce di luna,
sembri una parentesi
sottilissima.
(Come hosomi)

Luna velata,
solo una cicala
in questa notte.
(Come mono no aware)

Balle di fieno
al calar della sera
sparse tra i campi.
(Come wabi)

Agrumi in fiore-
sopra un masso immobile
carcassa morta.
(Come karumi)

Pioggia di Marzo,
mi chiedo: che senso ha
la mia vita?
(Come yugen)

Raro frinire
nel sibilo del vento
di due cicale.
(Come shiori)

Possiamo concludere questa breve disamina sull’estetica dello haiku dicendo che c’è sicuramente molto di più,in sole diciassette sillabe, che il kireji o il kigo e/o kidai. Questi brevi e stringati componimenti sono come diamanti incastonati nelle forme espressive dell’uomo e meritano,senza ombra di dubbio, un posto di tutto rispetto nella letteratura mondiale.
Rifacendoci alle parole del Maestro Matsuo Basho (1664-1694) che paragonò questo genere poetico con il soffiare del vento, mai uguale a se stesso, possiamo ora facilmente capire come in ogni componimento di haiku vi sia un potenziale intero universo che si schiude davanti al lettore.
Consigliamo vivamente il libro di Kiko Shuzo “Sul vento che scorre- Per una filosofia dello haiku” per ulteriori approfondimenti, “Aware” di Chiara Ghidini e “Haiku. Estetica e poetica” di Maria Rosa Piranio.

Autore dell’articolo: Antonio Sacco
Parte relativa al fūryū e ai diversi principi estetici, autore: Luca Cenisi, fonte: “Lo Haiku”, http://www.lucacenisi.it

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