Pokè, sushi…e il terzo incomodo

settembre 26th, 2021 by admin

Chi non ha pensato subito sentendo la parola Pokè ai famosi pokemon giapponesi?
E invece non si tratta di quei carinissimi personaggi tipo Pikachu, ma di un nuovo food trend che ha origini hawaiane e che presenta somiglianze con il sushi.

Il pokè è sbarcato in Europa da qualche anno, passando prima per la California.
Pokè nella lingua originale significa “tagliato a cubetti”, e difatti, la base di questo piatto è il pesce crudo ridotto a tocchetti regolari, in genere tonno, polpo o salmone.
Viene servito in una ciotola a mo’ di insalata, unendovi riso, verdure o carne e ovviamente il condimento di spezie o salse (tradizionalmente salsa di soia, olio di sesamo, peperoncino ecc.). Ognuno può scegliere gli ingredienti che preferisce e creare il proprio piatto colorato e appetitoso.

Come molti sanno, invece, il sushi ha la forma di piccoli rotoli, il cui ingrediente principale è il riso cotto con un ripieno di verdure e/o pesce, avvolto con alga nori. Le salse usate per condire sono note: soia, teriyaki, wasabi, tsuyu ecc.

Allora, quale scegliere fra i due? Io vi propongo un’alternativa, il chirashi, che si può definire un piatto pioniere del poke, ma più completo e nutriente.
Il termine chirashi significa “sushi sparpagliato” che sta a indicare un piatto a base di riso su cui sono posti vari ingredienti: una varietà di pesce crudo e frutti di mare e condimenti freddi come uova, cetrioli, avocado, sottaceti giapponese, alghe ecc.
Se si vuole aggiungere salsa di soia, si raccomanda di intingervi ciascun ingrediente separatamente e di non versarla sulla ciotola già preparata.
Differenze fra pokè e chirashi? Il pokè non contiene mai (o quasi mai) più di un tipo di pesce; nel poke il riso può essere un ingrediente, non ne è il “letto”; il pesce pokè viene di solito tagliato a cubetti mentre il chirashi in forme rettangolari.

Dunque, a voi la scelta e… buon appetito!

Il santuario shintoista

marzo 14th, 2020 by admin


Quando programmavo il mio viaggio in Giappone, ero particolarmente entusiasta all’idea di poter visitare i templi. Una volta sul posto, la mia curiosità è stata completamente appagata. L’edificio sacro che più mi è piaciuto è stato il Fushimi Inari Taisha di Kyoto, di cui ho pubblicato una foto.

In questo articolo vi parlerò dei santuari shintoisti chiamati jinja, ma prima ecco una breve premessa sull’antica religione giapponese dello shintoismo.
Il termine Shintō significa letteralmente “via degli dei” e si fonda sulla credenza che gli dei, detti kami, sono spiriti presenti in tutti i fenomeni ed elementi (viventi e non) della natura, per cui tutto il creato è una manifestazione del divino.
I santuari essendo i luoghi di venerazione dei kami, appaiono come oasi di pace immersi nella natura, a sottolineare proprio lo stretto legame dell’uomo con essa e con gli dei.

Il santuario shintoista

Già a partire dall’ingresso, troviamo un elemento distintivo: il torii, la porta (spesso di colore rosso) che stabilisce il confine fra luogo sacro e luogo profano. La regola impone di inchinarsi prima di attraversarlo.

Ai lati trovate di solito i komainu, coppia di statue rappresentanti leoni, cani o volpi, che fungono da protettori del santuario.

Subito dopo l’entrata, trovate il padiglione dell’acqua temizuya che serve a purificarsi. Con la mano prendi il mestolo per raccogliere l’acqua, la versi sulle mani per lavarle (a turno, prima destra, poi sinistra) e infine sciacqui la bocca. E’ proibito toccare il mestolo con la bocca.

L’edificio principale del santuario honden in cui è custodita la divinità kami è generalmente chiuso al pubblico, mentre i sacerdoti vi entrano solo per officiare i riti più importanti; di fronte a questo, c’è la sala di culto haiden, il posto dedicato alle preghiere e alle offerte. Giunti davanti all’altare, c’è un rituale da seguire: suonare il campanello appeso alla corda, inchinarsi due volte, battere due volte le mani, recitare una preghiera a mani giunte, inchinarsi ancora una volta.
Read More »

San Valentino in Giappone

febbraio 11th, 2016 by admin

cioccolatini-san-valentino
Come si festeggia il San Valentino in Giappone? Ovviamente non come nelle altri parti del mondo.

Questa festa fu introdotta per scopi commerciali nel 1958, quando la ditta Mary’s Chocolate Company di Tokyo con una campagna pubblicitaria di successo, diede il via a una tradizione diventata popolarissima nel Sol Levante e che rappresenta una miniera d’oro per le industrie di cioccolato. Si pensi che metà del cioccolato acquistato durante l’anno in Giappone, si concentra nel mese di febbraio.

Che succede il giorno di San Valentino?
Gli innamorati non prenotano cene, non fissano appuntamenti romantici e nemmeno si scambiano regali. Sono le donne a donare cioccolata agli uomini e non solo al proprio partner, ma a tutti gli uomini del proprio entourage cioè anche agli amici, ai colleghi e ai datori di lavoro.

Ci sono tre tipi di cioccolato:
giri-choko (義理チョコ), la cui traduzione letterale è “cioccolata dell’obbligo”. E’semplice cioccolata che si compra nei negozi in confezioni normali,è economica e viene regalata a persone come i compagni di classe o i colleghi di lavoro.
tomo-choko (友チョコ), la cui traduzione letterale è “cioccolata dell’amico”, che è un regalo che si fa agli amici a cui si vuole davvero bene.
honmei-choko (本命チョコ), la cui traduzione letterale è “cioccolata del favorito”, che viene regalata alla persona che si ama. Spesso viene preparata in casa e confezionata accuratamente.

Direte..che ingiustizia per le donne!
E invece no..anche per loro arriva il momento della rivincita e …che rivincita!
Esattamente il mese successivo, il 14 marzo, è la festa del White Day, direttamente collegata a San Valentino, introdotta nel 1978 dall’associazione delle industrie dolciarie giapponesi.

In questa ricorrenza, sono gli uomini a dover regalare qualcosa alle donne e il dono dev’essere rigorosamente di colore bianco: cioccolata bianca, biscotti, dolci in genere o anche peluche, gioielli e biancheria intima, l’importante è che sia più costoso di quello ricevuto a San Valentino: si usa infatti l’espressione sanbai gaeshi (三倍返し”tre volte al ritorno”) per indicare che il regalo dell’ uomo deve avere un valore doppio o triplo di quello della donna.
Anche per gli uomini vale la distinzione dei tre tipi di cioccolata fatta per San Valentino, ma regalano molta meno giri-choko rispetto alle donne, anzi molto spesso fanno un regalo solo alla donna amata.

Tanabata Matsuri

luglio 5th, 2013 by admin

2012.07.07-Tanabata_01Il mito di Tanabata narra del pastorello Hikoboshi che un giorno si recò con il suo bue magico presso un fiume dove le dee tessitrici stavano facendo il bagno, e rimase affascinato dalla più giovane di esse, Orihime, ignaro di trovarsi di fronte a creature divine scese sulla terra per rinfrescarsi un po’. Il bue gli suggerì di rubare il vestito alla fanciulla e di nasconderlo dietro a una roccia.
Hikoboshi obbedì e Orihime non potè seguire in cielo le altre ninfe perché non era in grado di volare senza la sua veste. Il pastore le chiese di diventare sua moglie ed ella dopo qualche esitazione accettò la proposta. Si unirono in matrimonio e dopo alcuni anni ebbero un figlio e una figlia.
Un giorno la tessitrice chiese al marito di restituirle il suo abito e questi, pensando che ormai fosse inutile tenerlo nascosto, glielo riconsegnò, ma quando ella lo indossò sparì subito nel cielo lasciando Hikoboshi a bocca aperta.
Il bue gli disse allora di attaccarsi alla sua coda così l’avrebbe portato in cielo insieme ai suoi figli.
Read More »

Le parole giapponesi più in voga nel 2009

dicembre 8th, 2009 by admin

Ogni anno la Jiyu Kokuminsha pubblica l’elenco delle parole e delle espressioni più usate in Giappone durante l’ anno.
Qui riporto una selezione di quelle del 2009.

  1. Seiken kōtai – 政権交代, ovvero “cambio del regime”: dopo 54 anni il Partito democratico è tornato al potere, ed il Primo Ministro ha promesso innumerevoli riforme politiche ed economiche.
  2. Kodomo tenchō – こども店長, ovvero “bambino manager dei negozi”: il giovanissimo attore Seishiro Kato, ha interpretato il manager in una serie di pubblicità della Toyota.
  3. Sōshoku danshi – 草食男子, ovvero “uomo erbivoro”: il termine sta ad indicare la natura passiva dell’uomo contrapposta alle nozioni convenzionali di mascolinità.
  4. Fast fashon – ファストファッション, la crisi economica ha investito anche il Giappone, inducendo la popolazione a spendere poco nella moda, così molte griff europee hanno ridotto i loro prezzi.
  5. Boyaki – ぼやき, ovvero “lamentela”: Katsuya Nomura, 74 anni, manager della squadra di baseball Tohoku Rakuten Golden Eagles, quest’anno ha attirato l’attenzione per l’abitudine a protestare usando un linguaggio colorito durante le interviste post partita. Read More »

I terremoti in Giappone

luglio 28th, 2009 by admin

Il Giappone è il paese in cui si verificano più frequentemente terremoti (jishin 地震).
Il motivo di questo fenomeno è facilmente spiegabile: l’arcipelago nipponico si trova in un punto in cui la placca delle filippine e quella del pacifico sprofondano lentamente sotto quella euroasiatica.
La costa orientale è colpita da sismi che interessano una zona molto estesa, solitamente accompagnati da forti maree e maremoti talvolta con onde anomale di eccezionale altezza, dette tsunami.
Il terremoto più disastroso che si ricordi nella storia giapponese si verificò nel 1923: con epicentro nella baia di Sagami, danneggiò gravemente Tokyo e Yokohama, provocando il decesso di circa 200.000 persone. Si registrarono circa 8,3° della scala Richter e la terra tremò per circa 5 min.
L’altro grande terremoto si verificò nell’Hanshin del 1995, la sua intensità raggiunse il settimo grado della scala Richter, e colpì la città portuale di Kobe, facendo morire circa 5000 persone.
Read More »