jgeishaNell’immaginario collettivo occidentale, la figura della geisha viene associata a una cortigiana d’alto borgo. Per quelli che ancora la pensano così, è il momento di abbattere questo stereotipo!
Innanzitutto partiamo dal nome: geisha vuol dire “persona d’arte”, difatti, è una donna esperta nell’intrattenere i clienti durante pasti, banchetti o altre occasioni non con il sesso, bensì con varie arti tradizionali e con l’abilità nel conversare.
La loro arte è frutto di un duro periodo di addestramento nelle okiya (casa della geisha) che pagano a peso d’oro e dove, oltre ad apprendere le discipline del canto, della danza, dello shamisen (liuto giapponese a tre corde) e della cerimonia del tè, devono sottostare a regole morali ed estetiche molto severe, dall’abbigliamento, al trucco, allo stile di vita.
In passato, le ragazze iniziavano da bambine l’arte di essere geisha, oggi iniziano quando sono adolescenti o addirittura dopo l’università; comuque, delle tante apprendiste (chiamate maiko), in poche riescono a diventarlo veramente.

Ma perchè è stata fraintesa la professione della geisha?
Quando alla fine dell’Ottocento il Giappone si aprì all’Occidente, fin da subito la sua cultura venne travisata, in particolare la figura della geisha, tant’è vero che lo stesso Van Gogh nel 1887 dipinse “La cortigiana”, il ritratto di una donna nei tipici costumi nipponici.
Bisogna dire però che Van Gogh e altri artisti suoi contemporanei erano stati influenzati dalle ukiyo-e stampe su blocchi di legno molto popolari allora in Giappone e che raffiguravano scene dei quartieri dei divertimenti.
L’immagine erronea della Geisha andò diffondendosi ancor di più con lo sbarco dei soldati americani sulle coste giapponesi e con un filone cinematografico statunitense dell’immediato dopoguerra in cui la Geisha appariva come una donna sensuale e dalle doti lussuriose.
Niente di più lontano dalla realtà!
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